Storico involo nel siracusano
Osservazioni di individui in atteggiamento riproduttivo (voli a festoni, apporto di materiale in un nido) vengono riferite da fonti attendibili per gli anni Novanta, ma è probabile che si sia trattato solo di episodi non seguiti da stabile occupazione dei territori.
Già da tre anni una coppia, insediatasi in un sito storico degli Iblei nord-orientali, tenta di riprodursi infruttuosamente, incubando un unico uovo per periodi eccezionalmente ampi: nel 2018 almeno 98 giorni, dal 17 febbraio al 26 maggio!
L’anno scorso gli stessi adulti che in questa stagione riproduttiva hanno allevato due giovani si erano stabiliti in un sito alternativo distante alcune centinaia di metri, ma senza successo: a metà aprile, dopo circa quaranta giorni di incubazione, il nido era stato abbandonato.
Tracce di vecchie deiezioni, visibili in un ulteriore nido di grandi dimensioni, sembrano indicare che già nel 2016, o in anni precedenti, le aquile abbiano tentato di riprodursi nell’area.
Dopo la lunga serie di fallimenti riscontrati con delusione negli ultimi anni, il 2018 ha finalmente segnato una svolta, con la nascita di due pulli, di sesso diverso, fra il 19 e il 22 marzo.
Le notevoli differenze di sviluppo e piumaggio, evidenziatesi soprattutto nella fase di progressiva perdita del piumino, fanno pensare a un intervallo di almeno tre giorni fra la schiusa della femmina e quella, successiva, del maschio. Nonostante il divario di crescita, non sono stati osservati comportamenti dominanti o aggressivi di un nidiaceo nei confronti dell’altro e i due involi hanno avuto luogo nell’arco della stessa giornata.
Fra i resti alimentari osservati nel nido, anche due carcasse di Airone guardabuoi, una specie in recente espansione nel siracusano.
La popolazione attuale d’Aquila di Bonelli dell’altopiano ibleo è ampiamente inferiore a quella storica e potenziale. Nella fase di ripresa demografica favorita dalle attività di conservazione del LIFE ConRaSi, si attendono nell’immediato futuro nuovi insediamenti e la graduale ricolonizzazione dell’area, che rappresentava, fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, una tra le roccaforti della specie in Sicilia.
(Testo a cura di Saverio Cacopardi)